met2b_2019

#met2b_Urban Art MEeTing è rigenerazione dello spazio urbano, pubblica restituzione della bellezza; è l’arte che scende in strada e offre un luogo d’incontro di idee, espressioni, sperimentazioni artistiche. Giunto all’8° edizione, #met2b 2019, con la direzione artistica degli architetti Elisa Muccio e Danilo Dimartino, ha affidato il prospetto del Met al noto artista Sandro Bracchitta, maestro incisore, affinchè potesse immaginare e realizzare una propria opera sulla grande tela bianca che è divenuto questo insolito spazio espositivo.

 

 

L’oro e il blu nel sogno di Sandro Bracchitta

 

Quando si varca l’arco di ingresso al tempio dei sogni, lì, proprio lì, c’è il mare…

Luis Sepúlveda

Veste il preziosismo dell’oro la barca-gusciodi Sandro Bracchitta. In instabile equilibrio, fuori baricentro, rastremata nella sua fine essenzialità, la barca-guscio ascende il lungo segno lineare, che s’inerpica blu, luminosamente blu, risalendo il verticalismo dell’aerea parete del Met di Marina di Ragusa. Affidato all’artista come grande tela vergine, questo muro viene attraversato per la sua ottava edizione dall’arte contemporanea, liberandosi quest’anno dal momento del contest, secondo il progetto nuovo della direzione artistica, firmata da Danilo Dimartino ed Elisa Muccio, che hanno immaginato un lavoro da solista e convocato l’invenzione di Sandro Bracchitta.

L’artista trasmigra tecnicamente dal terreno cui è più aduso, la voluttà della sua pittura e il magistero maturato nell’incisione, proponendo nell’installazione una partitura del suo lavoro seconda, eppure non esteticamente marginale, che supera la temporaneità dell’happening, tangendo invece la scultura e il concetto di site-specific, data la relazione strutturale ed essenziale col contesto architettonico. È espressione alta di un’arte urbana, concepita per la fruizione pubblica, l’intervento murale di Sandro Bracchitta, che si riedita quale delicato poeta di strada, traendo spunto dalla location, dalle sue malie celesti, dai suoi magnetismi naturali e insieme dalla volontà impegnata sociopolitica.

La sua barca-guscio guarda al Mare Nostrum, silente e ieratico con le sue vicende millenarie, con la sua equivalenza semantica primaria di viaggio. E si veste la barca-guscio delle coperte isotermiche dorate, rilucenti alla luce diurna, che emozionalmente ci sbalzano alla situazione estrema del corpo stremato dal freddo, nella traversata della di-speranza, e dell’anima fiaccata dall’orrore – le violenze dei trafficanti di vite, il nero tremendo d’un mare sconosciuto, altro dalle distese riarse dal sole e bagnate dal sangue della guerriglia, un mare che sa ingoiare storie e destini, ricomponendosi puntualmente nelle visioni azzurre del giorno dopo, quando il bollettino delle emergenze è scaduto nel fatto già noto, reiterato tante, troppe volte. Dunque quasi non più notiziabile, per gli appetiti dei media.

Parla dolore la barca-guscio di Sandro Bracchitta, che affronta il dramma epocale delle migrazioni dal continente che ci è più prossimo, distante abissi per fortune e accidenti storici, eppure geograficamente così contiguo, appena qualche onda dalla nostra riva comoda, la nostra riva protetta, la nostra riva massimamente occidentale.

Chiamando la verità dell’ispirazione del proprio cosmo creativo, l’artista non trasceglie i modi della denuncia, non percorre la prosa, riuscendo invece a coniugare la volontà sperimentale e la meditazione sulla rovente urgenza politica e sociale, con la misura squisitamente poetica, che connota il linguaggio bracchittiano. Ossia, il lavoro ha una duplice matrice, teorica e poetica, quando Sandro Bracchitta intavola una raffinata e sfaccettata modalità di narrazione del tempo presente, sublimando le parole in musicalità di colore e le forme in una folgorante sintesi del segno.

L’installazione si offre come territorio di rilettura critica del dramma mare, ma anche nell’immanenza artistica di intriganti suggestioni. Già il sito ove l’artista posa il suo lavoro sviluppa una varietà di percorsi esperienziali, legati anzitutto alla infinita modulazione della luce che l’ambientazione d’esterno determina. Sfavilla l’oro dell’involucro isotermico sotto i giochi della radiazione solare, mentre i blu sono sopiti in attesa della notte che li accenda, in tutta la loro allusività fisica e metaforica alle onde marine, che non esclude che il blu sia pure il colore del cielo e che, Kandinskij docet, il blu richiami l’uomo verso l’infinito.

L’intelligenza creativa di Sandro Bracchitta lo porta pure ad una continuità forte tra i materiali scelti e il particolare universo di riferimento del lavoro, pensato in grande, in una ampia poetica e in importanti dimensioni.

Le valenze metaforiche sprigionate interessano la misura lirica che motiva le soluzioni stilistiche del maestro siciliano, fin dalla forma cardinale sulla quale è incentrato il lavoro, la barca, che è un guscio, un suo simulacro scheletrico, ovvero una sorta di scarno contenitore, parallelo all’oggetto poetico-compositivo della ciotola, presenza archetipica centrale nella produzione dell’artista, come correlativo oggettivo d’un’ampia polisemia connessa all’accogliere, al ricevere, al contenere.

Anche l’oro, che antica in particolari miniati le opere bracchittiane, qui l’artista visita, conferendogli, nella linea strutturale della barca, la forza espressiva della speranza di vita, della sopravvivenza. L’oro dell’involucro è ammaliante ma al contempo vulnerabile, perché, Sandro lo sa bene, nella bellezza può celarsi il tragico. Sollecita l’idea di fragilità e di impermanenza, questa coperta dorata, che ‘riveste’ la barca-contenitore e il suo contenuto di vite. Come già la casadi Sandro Bracchitta, la sua barcasi rinviene nel punto limite del precipizio, aggrappata a flebili dita, rischia di scivolare nell’abisso.

L’oro viene da Bracchitta declinato in una complessità di sensi, che ne attraversano i valori artistici nel tempo, da metallo divino, nell’antichità, alla sacralità nell’arte bizantina, in cui i soggetti immersi nell’oro acquisiscono una consistenza ultraterrena, valori trasmessi agli iconografi russi, trasformandosi in ornamento scintillante, di cui Gustav Klimt è stato maestro. Bracchitta abbraccia i sensi tutti dell’oro nel suo oro, che è primariamente esaltazione delle radici della luce, ma evidenziandovi anche il divino, racchiudendovi lo spirituale, assumendone l’aspetto profano, quale immagine ultima del decorativismo, fino a comprendere anche gli scopi attuali di consumo estetico temporaneo dell’oro.

A una interpretazione alchemica si presta anche l’onda, di giorno pura ombra alla barca, trasmutata in luce notturna dopo il tramonto, sviluppandosi morbidamente in cinquanta metri lineari come incisività di segno, apparentemente somigliante alle luci notturne dei night della costa, in realtà in drammatico ossimoro con le finalità d’impiego della luce stessa, legata a contesti di pericolo.

Viaggia l’onda nel blu – oscurità indebolita dalla luce, secondo Goethe –, lasciandosi navigare dalla barca-guscio assurta a icona, in un discorso sincretico, che ha saputo armonizzare la socialità del dramma di un’era con la dimensione esistenziale, di intimismo, di soggettivismo, alla quale Sandro Bracchitta accorda il suo canto lirico.

Valicando la natura concettuale dell’opera installativa e contenendola in un quid ideale (una totale alterità dal ready-madedi Marcel Duchamp e da tutta una serie di operazioni parallele), l’oro e il bludi Sandro Bracchitta esplodono il suo sogno, affabulante di mare e miraggi, in una visionarietà nitida, che deposita sensi e incanti oltre la fugacità di quello che appare e che brilla.

Elisa Mandarà

 


 

 

#1

 

#2

 

#3